BE 6 – Un obelisco inquietante (6.1.2008)

 

La lettera a Cimino della News precedente continuava così:

Abusando ancora della Sua competenza e cortesia, nonché di quella dei codestinatari di questa mail aperta, provo a lanciare un altro appello su una errata o incompleta fonte bibliografica riguardante sempre il Beccaria. Da questi trafiletti che ho trovato in rete, e dall’immagine allegata  - da [Burzio 1993] -, si capirà di cosa si tratta:

Un’altra storia interessante ce la può raccontare corso Giambattista Beccaria, quel breve tratto alberato e fiancheggiato da portici che conduce da piazza Statuto a corso Principe Eugenio. In questo caso c’è anche un monumento a fornire ulteriore documentazione: la stretta piramide con in cima una specie di astrolabio che si trova al centro di una rotonda disegnata da piante di tiglio nella parte di piazza Statuto verso il sottopassaggio della ferrovia. Una leggenda metropolitana afferma che quel monumento segnala il quarantacinquesimo parallelo, cioè la linea esattamente intermedia tra l’equatore e il polo Nord. La credenza fu rafforzata da un romanzo di Marina Jarre che si intitolava appunto “Monumento al parallelo”, poi ripubblicato presso Einaudi sotto altro titolo, “Un leggero accento straniero”.

La grigia guglia di granito sormontata da un globo di bronzo con i meridiani, tra il verde di piazza Statuto, ricorda ai Torinesi un pezzo di storia cittadina sul finire del settecento quando, in una città di 72.500 abitanti, rischiarata da poche rudimentali lanterne ai crocevia, l'elettricità era ancora una forza misteriosa con la quale solo "i maghi" potevano prendere confidenza. E mago era considerato dal popolino Giovan Battista Beccaria, un frate di Mondovì che abitava all'inizio di via Po (una stanza che fu poi incorporata nell'Hotel Londra sopra il Caffé Dilei) e che aveva impiantato in una torretta un piccolo osservatorio di meteorologia sormontato da una spranga di ferro: il primo parafulmine italiano. L'Osservatorio, ingrandito e arricchito di strumenti, fu spostato dal Plana sul tetto dell'Accademia delle Scienze. Vittorio Amedeo III lo fece poi collocare su una torre di Palazzo Madama da dove ogni giorno scendeva una palla di ferro a segnare il mezzogiorno astronomico: una specie di "segnale orario" che i Torinesi amavano attendere a naso in su per regolare i loro remontoirs.

Ebbene, nei romanzi della Jarre (sfogliati molto velocemente, per la verità) non ho trovato alcun riferimento né toponomastico, né tanto meno bibliografico – quello che più mi interessa – sul gabinetto scientifico del Beccaria. Spero che qualche storico piemontese possa aiutarmi.

       Grazie. Cordiali saluti. Andrea Gaeta (www.bitnick.it)

 

Successivamente qualche notizia in più sul “primo osservatorio meteorologico” italiano istituito da Beccaria in una soffitta (di via Po?) la trovai in [Schiavone 1991], ma sicuramente servono ulteriori ricerche sulla storia dell’Accademia delle Scienze di Torino. Peraltro, nelle Lettere a Beccari – un tempo celeberrime, specie la prima che ho ristampato in Beccaria vindicato – lo stesso Beccaria racconta di un abbaino nel castello del Valentino da cui aveva steso un lungo filo, una specie di parafulmine orizzontale, che, attraversato il Po, finiva nella sponda opposta nella “vigna dei Missionari”.

Sull’obelisco di piazza Statuto è facile raccogliere notizie in rete, cercando, se possibile, di sceverare la realtà scientifica (triangolazioni astronomiche sulla direttrice Torino-Rivoli) dalla fantasia o superstizione (la Torino nera, la porta dell’Inferno, il 45° parallelo, gli elettricisti stregoni, ecc.).

Consiglio vivamente di leggere le pagine del Burzio: anche lui, da ragazzo, davanti a quella stele inquietante, commise il mio stesso errore, cioè di confondere Giambattista Beccaria con Cesare Beccaria, il nonno di Manzoni (vedi BE 2).

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