BE 27 – L’occhiale elettrico di Beccaria (30.1.2008)

In [Beccaria 1776 f] è descritto un “occhiale elettrico per ispiare la luce nella scossa della torpedine”. Beccaria racconta che aveva parlato di questo occhiale al Pringle, l’autore del celebrato “Discorso sulla torpedine”, e all’amico Carburi, venuto a vedere le sue esperienze del “pozzo elettrico”. Questi si era offerto di fare qualche esperimento a Nizza, ma poi non trovò nessuna torpedine che “imprimesse tremore toccandola”. È molto probabile, però, che tale strumento sia stato adoperato, e con più successo, da Galvani nel mare di Senigallia, a bordo dei pescherecci, con i pesci vivissimi (vedi BE 25).

Come si vede in figura si tratta di un piccolo tubo di vetro, intonacato internamente di nero per non far trapelare la luce di fuori, a forma di T capovolta: in alto, protetto da un collare di velluto, c’è l’oculare su cui l’osservatore pone l’occhio; ai lati, attraverso due turaccioli di sughero, arrivano i due rami di ottone del grande “arco conduttore” della scossa. All’interno, il ramo di sinistra termina nella laminetta l, quello di destra in una acutissima punta L quasi a contatto di tale lamina (una sorta di “baffo di gatto” delle radio a galena…). Gli estremi esterni dei due rami terminano invece con le sferette g e G, mentre i manici di vetro m e M servono per manovrare l’apparecchio. Posta la torpedine su una piastra conduttrice tenuta da un sopporto di vetro (ben asciutto) si mettono le due sfere a contatto col dorso del pesce e con la piastra (e quindi con la sua pancia), osservando attentamente nell’oculare intensità, tipo e durata della scintilla (fiocco, stelletta, ecc.) generata nella predetta giunzione l-L.

Si badi molto bene: forse basta toccare la torpedine con un solo “polo”, tenendo l’altro a contatto di una massa di ferro o tuffato in mare. Anzi, aggiunge Beccaria, gli sperimentatori ardimentosi che non temeranno la scossa possono usare come “massa” il proprio corpo.

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