BE 23 – Elettricità e anelettricità (25.1.2008)

                  

Hauksbee non costruì solo macchine per fare il vuoto (vedi scheda precedente), ma anche le prime macchine cosiddette “elettrostatiche”, come quella di cui vediamo una riproduzione moderna (si noti il tubo per fare il vuoto e il rubinetto per il passaggio dell’aria, a destra del globo di vetro nella foto di sinistra e a sinistra nella foto di destra).

Con queste macchine si facevano esperimenti “giocondi” – per far rizzare peli e capelli, dare la scossa, anche col bacio “assassino” di una bella dama, accendere lo spirito di vino, ecc. (vedi anche BE 17) – e al contempo magici, misteriosi, “esoterici” (in realtà anticipavano i Raggi X). La cosa però scientificamente certa era che il vetro sfregato, specie sotto vuoto, emetteva “luce”, una luce particolare, simile a quella del celebre “fosforo di Bologna”.

Attenendoci alla terminologia beccariana (vedi Glossario) l’apparecchio di Hauksbee non può essere definito “elettrico” (né ancor meno elettrostatico), perché qualsiasi “apparecchio elettrico” (pila compresa, come si vedrà) deve essere costituito da questi tre elementi:

un conduttore – un isolante – un conduttore

i quali, ricordando che elettrico = idioelettrico = dielettrico = isolante, corrispondono a:

un anelettrico – un elettrico – un anelettrico

L’apparecchio di Hauksbee ha invece solo due elementi: un elettrico (il globo di vetro) e un anelettrico (la mano che strofina), mentre gli manca il cosiddetto “primo conduttore” (vedi Beccaria vindicato, Fig. 8, o L’Unione monregalese, n. 3, 23 gennaio 2008, p. 11), il quale ha il compito di accumulare, un po’ per contatto e un po’ per “soffio” delle punte, l’elettricità portatagli dal vetro.

Chiudo questa scheda con un quiz didattico: cos’è quest’oggetto?

 

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