4 – La Termini dei Gaeta

acquarello Gaeta

Fig. 4

 

tabaccheria compressa               Nino Gaeta           nonno   

                                 Fig. 3                                                        Fig. 6                                                                      Fig. 5

 

Roma, 14 febbraio 2009

Egr. Prof. Mantia,

oltre a quanto le ho scritto nelle due mail – e oltre naturalmente a tutto ciò che si trova pubblicato nel mio sito – lei, se crede, può utilizzare le brevi notizie che seguono.

Da Buccola, punto di partenza della mia ricerca scientifica, sono approdato a Beccaria, come si evince dalla lettura degli ultimi miei Atomi e, in particolare, dagli articoli giornalistici apparsi in “Provincia Granda” (CN) e che trova in BE 24 e BE 32.

Da parecchi mesi però mi sto dedicando al mio paese natale (sarà la vecchiaia!) ed anzi desidero accennarle in due parole come è nato questo interesse. L’estate scorsa, trovandomi a Termini per qualche bagno, ospite di mia sorella, mi capitò di sentir parlare alcuni anziani dei problemi idrici della città e dei vecchi tempi in cui l’acqua era sì poca, ma c’era sempre, magari con l’aiuto di qualche fontaniere compiacente e di qualche “sifone”... Mi sovvennero allora i castelletti (in particolare quelli della mia zona: Gancia e La Masa) dove spesso, bambino, andavo al seguito di mio padre che, come impiegato dell’ufficio tecnico del Comune, un giorno sì e l’altro pure aveva a che fare con problemi dell’acqua.

Abituato a documentarmi, passai dalla Liciniana per sapere se per caso c’era qualche pubblicazione sugli acquedotti di Termini. Stranamente mi risposero di sì e mi fecero vedere un libro …di archeologia! Chiarito l’equivoco, mi specificarono che sui castelletti non c’era niente e che forse qualcosa potevo trovarla al Comune.

La cosa finì lì, ma il seme era gettato. Tornato a Roma infatti andai in biblioteca a cercare quel libro di archeologia (era il Belvedere, ovviamente) per soddisfare la nascente curiosità scientifica su quei ruderi (l’archi vecchi all’accurzu ri Caccamo) che avevo visto solo da bambino e che da adulto ignoravo pur passandoci davanti, sull’autostrada, chissà quante volte.

Da allora ho letto decine, forse centinaia di libri su Termini, scoprendo non solo lo stretto legame tra quei ruderi e i miei castelletti, ma un’infinità di cose che, pur termitano e pur colto, ignoravo completamente: l’acquedotto Cornelio, il sifone Barratina, i bagni vecchi, Houel, Palmeri, Gargotta, ecc.

Come anticipato le invio due dei miei opuscoli, in modo che lei possa farsi un’idea per così dire “tangibile” della mia produzione: il primo, piuttosto tecnico, potrebbe interessarla come radiotelegrafista; il secondo per capire la mia negletta invenzione.

Le sarei anche grato se volesse segnalare ai miei concittadini il mio sito www.bitnick.it rimandando in particolare alla sezione “Count-down”, dove è descritto il format del programma televisivo di intrattenimento da me ideato, nella speranza che le polemiche non continuino a far velo alle semplicissime idee ivi esposte.

Circa la vecchia foto scolastica [Fig. 2], ripeto che l’ho inviata solo a suo uso e consumo. Tra i miei compagni forse potrebbe riconoscere Enzo Di Liberto, Giuseppe La Nasa o il compianto Gianni Sinatra.

Grazie ancora e cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

Anche questa recente lettera – a Salvatore Mantia, altra attivissima anima termitana, che ringrazio soprattutto per l’articolo apparso pochi giorni dopo nella cronaca locale del Giornale di Sicilia – può servire a presentare, nella giusta luce, la mia persona e i miei interessi. Mi sia consentito però di dedicare pochissime righe anche alla mia famiglia, in particolare al mio nonno Andrea Gaeta (1880-1961, Fig. 5), di cui porto il nome – e, dicono, le sembianze – e a mio padre Antonino Gaeta (1908-1975, Fig. 6).

Mio nonno, docente di calligrafia e disegno, autore dell’acquarello (24 x 18 cm, 1910 circa) della Fig. 4, una cartolina-collage, ormai rarissima, delle bellezze e delle glorie nostrane, che si vendeva “no tabacchinu” di suo padre (“Caita”), ancor oggi attivo nella “chiazza” di Termini  (Fig. 3), si interessava molto ai “benfatti” della villa Palmeri, della Serpentina Paolo Balsamo, del Belvedere o del cinema Eden.

Mio padre, disegnatore all’ufficio tecnico comunale, in pratica stava sempre dietro alla routine e ai lavori del paese: a lui si rivolgevano tutti, per i problemi più disparati, a volte anche per questioni personali, che “don Ninuzzu” appianava sempre con molta umanità e saggezza.

Per parte di madre, infine, chi scrive è pronipote di Ignazio Capuano (1884-1973), che è stato Direttore Generale del Banco di Sicilia e Sindaco di Termini (vedi Giunta, cit.).

 

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