4 – Prima Lettera a Bartolomeo Beccari

(N. B. – La numerazione delle figure si riferisce all’edizione cartacea)

 

… e appunto, affinché questa Teoria [Frankliniana], e il pregio di lei possiate avere comodamente presente nel vedere ciò che anderò ad essa ulteriormente aggiungendo, penso che farò cosa assai conveniente se impiegherò questa prima lettera in epilogarla con brevità, ed in confermarla con nuove osservazioni; e questa stessa maniera di introdurmi io stimo che non sarà discara a voi; imperciocchè né vi spiacerà di mirare qui quasi unita in un sol corpo la somma di molte verità, che ho dovuto esporre nel mio libro [Beccaria 1753] a parte a parte, e interrottamente, siccome esse nascevano di seno all’esperienza, e gradirete di veder confermate esse verità in nuovo modo; sicchè altre nel medesimo tempo se ne dichiarino, delle quali nell’opera non ho trattato che di passaggio, e indirettamente.

1. Dunque, per quello che appartiene all’esposizione della Teoria, due sono gli amplissimi, e quasi originarj principi di tutte le elettriche funzioni: vale a dire la naturale, e diffusiva forza del vapor elettrico, e l’artificiosa maniera di alterarne la quantità, che si trova ne’ corpi naturalmente diffusa.

2. Per la sua naturale forza diffusiva il vapore elettrico non solamente si sta diffuso in tutti i corpi in certa quantità conveniente ad alcune dimensioni, e ad alcune altre proprietà de’ corpi medesimi; ma inoltre le parti di esso vapore si rispingono a vicenda, e fanno continuo sforzo di spandersi.

3. Quindi, finché in un sistema di corpi non si altera la quantità naturale di vapore conveniente a ciascuno de’ corpi componenti quel sistema, il vapore di ciascun corpo segue a rispingere il vapore di ciascun altro corpo, e ad esserne egualmente rispinto; onde tutto il vapore si resta in istato di pressioni uguali, ed equilibrate senz’altro movimento.

4. E quando anche si alteri la quantità naturale di vapore conveniente a’ corpi componenti un sistema, non sempre però dovrà seguirne movimento di esso vapore; poiché se si accresca, ovvero si scemi in tutti que’ corpi egualmente, vale a dire, se si accresca, o si scemi in ciascuno a proporzione della sua naturale esigenza, le parti del vapore dovranno bene o rispingersi con maggior forza, se sarà stato accresciuto, o con forza minore, se sarà stato scemato; ma sempre la forza, con che il vapore di ciascun corpo seguiterà a rispingere il vapore degli altri corpi, sarà eguale alla forza, con che dal vapore degli altri corpi sarà rispinto; onde neppure in questo caso il vapore passerà da un corpo in un altro.

5. Allora solamente il vapore da uno de’ corpi componenti un dato sistema passerà in un altro corpo, quando la quantità di esso si troverà alterata inegualmente in diversi corpi di esso sistema, cioè con proporzione ineguale rispetto alla loro naturale esigenza; imperciocchè allora solo le parti del vapore, il quale in uno, o più corpi resterà in quantità rispettivamente maggiore, si rispingiranno più fortemente, che non le parti del vapore, il quale negli altri corpi resterà in quantità rispettivamente minore; onde quelle prevaleranno a queste, e da quelli corpi in questi si scaglieranno con forza proporzionale all’eccessivo loro rispingimento; cioè proporzionale all’eccessiva loro quantità.

6. Ed è in questo movimento, che il vapore elettrico, passando attraverso all’aria da un corpo in un altro, scintilla, agita i corpicciuoli, eccita un leggerissimo venticello, e insomma fa tutti quegli effetti che si dicono segni elettrici, ed in astratto si comprendono col nome di Elettricità.

7. Ecco dunque brevemente esposto, com’essa elettricità dipende primamente dalla naturale, e diffusiva forza dell’elettrico vapore. L’alterazione della quantità naturale del vapore elettrico è la condizione necessaria, onde per la sua diffusiva forza esso si spieghi, e si mova. La diffusiva forza essa è il principio movente, e la vera efficiente cagione dell’elettricità.

8. E da questa diffusiva forza, siccome ogni elettricità generalmente, così le diverse specie di essa dipendono, e sono prodotte; lo che s’intende dalla sola esposizione di esse diverse specie. Dunque Franklin considerando che, come ogni quantità, così anche la quantità naturale del vapore elettrico non più che in due maniere si può alterare, vale a dire aggiungendone, o sottraendone, ne ha coerentemente distinte due diverse specie: ed ha chiamata elettricità positiva, ovvero in più, quella che si produce aggiungendo del vapore al vapor naturale di un corpo; negativa l’altra, che si produce sottraendo esso vapor naturale. A me è piaciuto di chiamar la prima elettricità per eccesso, e l’altra elettricità per difetto.

9. Peraltro, se non si voglia solamente considerare l’alterazione del vapor elettrico possibile in un corpo, se si rifletta che il vapor elettrico si move da un corpo in un altro, se conseguentemente l’alterazione del vapor elettrico in un corpo si voglia rapportare allo stato del vapore nell’altro corpo, giusta il qual rapporto opera la elettricità; allora si dovrà fare una partizione più minuta. Infatti, se si piglino a considerare due diversi corpi, tra essi vi sarà attuale elettricità, quantunque volte avranno quantità di vapore ineguale; e se la quantità, che naturalmente compete loro si prenda per punto fisso, al quale si rapportino tutte le diverse inegualità, si troverà che queste sono cinque, che conseguentemente ne danno cinque diverse specie di elettricità.

10. Numeriamole. I. O il corpo A ha più della sua naturale quantità, e B ne ha esattamente la sua naturale quantità, e vi sarà inegualità in eccesso assolutamente detto, e a questa elettricità si serberà il nome di elettricità per eccesso. II. O il corpo A ha meno della sua naturale quantità, e B ne ha esattamente la sua naturale quantità, e vi sarà inegualità di difetto assolutamente detto, e la corrispondente elettricità riterrà il nome convenientissimo di elettricità per difetto. III. O il corpo A ha più della sua naturale quantità, e B ne ha meno, e la inegualità adeguerà la somma dell’eccesso di A e del difetto di B, e la corrispondente elettricità sarà elettricità per eccesso, e difetto insieme. IV. O i corpi A e B hanno amendue più della loro naturale quantità, ma l’eccesso d’uno è maggiore dell’eccesso dell’altro; e si avrà inegualità eguale alla differenza degli eccessi, e conseguentemente si avrà elettricità di eccesso ineguale. V. O finalmente A e B hanno amendue meno della loro naturale quantità, ma il difetto dell’uno è maggiore del difetto dell’altro; e l’inegualità sarà eguale alla differenza de’ difetti, e si avrà la elettricità di difetto ineguale.

11. Sicchè avremo cinque specie di elettricità: la prima per eccesso; la seconda per difetto; la terza per eccesso, e difetto; la quarta per eccesso ineguale; la quinta per difetto ineguale; nelle quali specie tutte si osserverà sempre avverarsi la legge universale: che l’intensione dell’elettricità si proporziona all’inegualità di vapore, cui essa elettricità corrisponde; perché appunto a quella inegualità si proporziona la forza diffusiva che, come dicevamo, di ogni elettricità è il principio, e la cagione efficiente; sicchè poste le altre cose pari, sarà intensissima la elettricità d’eccesso, e difetto; meno intensa la elettricità di solo eccesso, o di solo difetto; ed anche meno intensa la elettricità d’eccesso ineguale, o di difetto ineguale.

12. E questa partizione ci può talora giovare per ispiegarci con meno parole, e con più esattezza. Peraltro, chi la sdegnasse, basterà che si attenga alla legge universale: aversi elettricità, ove vi ha inegualità di vapore, e quella proporzionarsi a questa costantemente; che poi i casi particolari tacitamente lo condurranno alla partizione medesima. Intanto però e di questa universale legge, e de’ casi particolari che questa contiene, chiara ne apparisce la ragione nel semplicissimo insieme, e insieme ampissimo principio, che mi era proposto d’esporre in primo luogo.

13. L’altro principio delle funzioni elettriche ho detto essere l’artificiosa maniera di alterare ne’ corpi la quantità naturale del loro vapore; e come ogni opera dell’arte, così ancora questa si fonda su certi dati della natura; vale a dire, tutta si riduce a fare conveniente uso di due naturali proprietà, che hanno certi corpi rispetto al vapor elettrico; la prima delle quali ella è, che certi corpi, qualora si stropiccino, fanno sbilanciare il vapore elettrico: e l’altra, che i medesimi corpi resistono al vapore sbilanciato, e fanno ostacolo alla forza, con che esso si vuole spandere ad egualità.

14. La prima proprietà s’intende con badare al caso notissimo de’ vetri. Ognuno sa, che il vetro si elettrizza stropicciandolo; e secondo la Teoria, cui sto esponendo, questo elettrizzamento avviene per certa quantità di vapore che lo stropicciamento fa passare, per esempio, dalla mano, che stropiccia, sul vetro stropicciato. Ora lo stropicciamento non altramente fa passare il vapore della mano sul vetro, se non se spiegando più fortemente, o comunque aumentando di più la forza del vapore esistente nella mano, che non la forza del vapore esistente nel vetro; e così, togliendo l’equilibrio, nel quale senza lo stropicciamento si resterebbono il vapore della mano parimente, e del vetro. E appunto questa proprietà de’ vetri, e di molti altri corpi, che per lo stropicciamento si spieghi inegualmente il loro vapore per rispetto al vapore del corpo stropicciante, è essa, che io chiamo proprietà di sbilanciamento, per la quale collo stropicciamento si può mettere in moto il vapore elettrico, e così si può dar origine all’elettricità, ed in questo senso io continuerò a chiamare, secondo il costume, corpi elettrici per origine e i vetri, e gli altri corpi tutti che, come i vetri, abbiano siffatta proprietà.

15. Ma inoltre il vapore sbilanciato, per rendersi sensibile vuole un’altra condizione, vuole incontrar resistenza, vuol’essere arrestato. Imperciocchè lo stropicciamento in ogni istante non fa sbilanciare che poco vapore, e conseguentemente poco in ogni istante ne fa passare, per esempio dalla mano A nel vetro B; onde, se quel poco non sia arrestato, tutto continuamente, e insensibilmente si disperderà da B in C, in D, in E ecc. Per esempio nell’aria, nella macchina, o in qualunque altro di que’ corpi, che infine comunicheranno con A, e ad A continuamente, e tacitamente lo ricondurranno, senza che mai se ne possa accumulare in B, o in C, o sottrarre da essi una assai grande quantità, la quale, spandendosi poi tutta unitamente, ed in un colpo, si faccia da noi vedere e sentire.

15. Ora gran parte di questa necessaria resistenza noi la troviamo primieramente in un elemento, che a mortificazione de’ Filosofi resiste menomamente ad altre meno attuose sustanzie, e che altronde a nostro grande agio si trova pronto, e ampissimamente diffuso in qualunque luogo a noi piaccia di sperimentare. Questo elemento si è l’aria; ma l’aria secca. Un corpo in essa sospeso, e da essa attorniato assai ampiamente (ne abbiamo l’esempio nelle nuvole) o sovrabbondi, o scarseggi di vapore, si conserverà nel suo eccesso, o nel suo difetto, finché non si trovi comunque assai vicino ad un corpo, cui comparta il suo eccesso, o da cui riceva con che compensare il suo difetto.

17. Ma la resistenza dell’aria sola agli sperimenti nostri non basterebbe, poiché non possiamo noi già sospendere in aria, e senz’altro sostegno a guisa delle nuvole i corpi, sulli quali vogliamo accumulare, o dalli quali vogliamo sottrar del vapore. E appunto, come testè accennava, oltre l’aria tutti i corpi, che hanno la proprietà di sbilanciare il vapor elettrico, hanno altresì l’altra proprietà di resistergli: vale a dire, que’ corpi, che stropicciati eccitano inegualmente il vapor elettrico, per li medesimi il vapor elettrico non può scorrere liberamente; e siccome in virtù della prima proprietà, anche avanti che essa si comprendesse assai distintamente, sono stati detti elettrici per origine; così a cagione della seconda si dicono atti ad isolare; e così restano distinti dagli altri corpi, i quali, e poiché ricevono senza resistere il vapore da’ corpi elettrici per origine, si chiamano elettrici per comunicazione, e perché universalmente il vapore per essi si spande senz’altra resistenza, si nominano conduttori, od anche deferenti.

18. Non mi arresterò io qui, chiarissimo Sig. Beccari, a fare una lunga serie di questi due diversi generi di corpi: giacchè ed essa è notissima a tutti i dilettanti delle cose elettriche, e voi stesso per mezzo d’innumerabili sperienze avete scoperto, siccome vi siete compiaciuto di farmi vedere in alcuni vostri preziosissimi manoscritti, che questa partizione medesima, la quale conviene a’ corpi rispetto all’elettricità, conviene loro ancora rispetto ad un altro fenomeno nulla meno dell’elettricità maraviglioso, e giocondo.

19. Accennerò solo, ridursi tutti i corpi elettrici, per comunicazione, conduttori, e deferenti, a’ corpi metallici, o umidi, purchè la umidità non consista in liquidi pingui, ed oleaginosi; tutti gli altri corpi essere elettrici per origine, e tra questi essere eccellenti i corpi vitrei, le resine, li zolfi, le lane, le sete, e l’aria secca.

20. E a questo aggiugnerò la somma delle cose fin qui dette: Per la diffusiva forza spandersi ad egualità il vapore elettrico, qualunque volta sia egli sbilanciato; e l’arte di sbilanciarlo consiste nello stropicciare i corpi elettrici per origine; e l’arte di accumulare un eccesso, o di produrne un difetto ne’ corpi elettrici per comunicazione, ridursi all’adattamento conveniente di questi vicino a quelli.

21. E io vedo bene, che anche così strettamente accennando questi principj dell’elettricità faccio cosa affatto superflua rispetto a voi, chiarissimo Sig. Beccari; ma bramo, che restiate persuaso, che io dirigo a voi questa esposizione, non perché voi abbisognate di essa; ma perché essa vuole aver bisogno di voi, e vuole essere migliorata dal giudicio vostro. E quindi è, che io vi pregherò a volere anco sentire, come io penso, che questi astratti principj si verifichino nell’individua, e comunissima maniera di elettrizzare.

22. Dunque io applico la palma della mano all’equatore di un globo di vetro, il quale in alcuna macchina si aggira assai velocemente intorno alli suoi poli, e così premo questo vetro, e lo stropiccio. Questo stropicciamento eccita inegualmente il vapore elettrico della mano, e del vetro, eccita più fortemente il vapore della mano, aumenta maggiormente la forza diffusiva di lui, obbliga il vapor della mano a passare nel vetro.

23. Questo vapore, che passa dalla mano nel vetro, non può scorrere per il vetro medesimo; si accumula in ogni istante in quella parte della superficie di lui, ch’è in quell’istante stropicciata, ed ivi è arrestato dall’aria, e dalle parti di vetro adiacenti; imperocchè e l’aria, ed il vetro medesimo sono corpi isolanti.

24. Ma ecco, che in faccia all’equatore del globo è adattata la catena, vale a dire una serie di corpi deferenti, per esempio metallici; a un capo di questi si è adattato un fiocco di fili metallici; questi toccano l’equatore del globo, e tutta la catena resta sospesa in aria da’ corpi resistenti al vapor elettrico (per esempio sete, vetri); e così resta esattamente isolata, cioè chiusa in ogni suo contorno e dall’aria, e da altri corpi che, come l’aria, resistono al vapor elettrico.

25. Dunque il continuo, e successivo rivolgimento del globo farà due effetti: farà sì che si stropiccino continuamente, e successivamente altre e altre parti del globo; e farà che le parti stropicciate, e così caricate di vapor elettrico, vadano continuamente a scaricarsi nella catena; e così e in essa, e intorno ad essa si accumulerà un eccesso di vapore, il quale per la sua forza diffusiva si spanderà alquanto nell’aria, ma dalla resistenza, e inazione di lei sarà intorno alla catena ritenuto, e quasi contro di essa ripercosso.

26. Peraltro, se alcun corpo elettrico per comunicazione alla catena si avvicini; allora tutto il vapore, che è per ogni dove rispinto dall’aria con forza eguale alla forza, con che esso contro dell’aria si spande, dirigerà il suo sforzo verso il corpo vicino, vincerà la piccola resistenza, che trova nella corta colonnetta d’aria, che è di mezzo alla catena, ed al corpo, che se l’è avvicinato, si unirà per iscorrere attraverso di essa colonnetta, la spezzerà, scintillerà, si spanderà nel corpo vicino, e similmente smovendo dal luogo l’aria (come avrò l’onore di dirvi assai diffusamente in un’altra lettera) agiterà i corpicciuoli, e produrrà gli altri segni elettrici. Insomma, l’elettricità della catena consiste nello spandimento del vapor eccessivo di lei ne’ corpi stranieri, che ne abbiano minor quantità.

27. Veniamo ora all’elettricità della macchina. Poiché la mano dell’uomo, che stropiccia il globo di vetro, dà del suo vapore al globo medesimo, che lo reca alla catena, ne avverrà, che il vapore, il quale si trova naturalmente e nel corpo dell’uomo, e negli altri corpi deferenti, con che esso comunica, per la sua forza diffusiva si spanderà ad egualità, accorrerà a supplire il difetto del vapore, che la mano avrà lasciato sul globo: e se detto uomo, e gli altri corpi deferenti, con che esso comunica, saranno si fattamente isolati, che il vapore del suolo non possa continuamente accorrere in essi a supplire quanto essi compartono al globo, e per mezzo del globo alla catena, il loro vapor naturale si ridurrà a tale segno di rarità, e di difetto, che lo stropicciamento non ne possa più trasportare nel globo, ed indi nella catena; e in tal maniera si produrrà l’elettricità per difetto e nell’uomo, che stropiccia, e nella macchina, e in altri corpi, che comunichino con esso uomo, e unitamente con esso sieno isolati; i quali corpi tutti io comprendo col nome di Macchina. Sicchè se un corpo straniero si avvicinerà alla macchina (si vuole all’uso addimesticare questa parola), il vapore di lui si spanderà per diffondersi in essa ad egualità, ed in quella attualmente si diffonderà attraverso ad una assai breve colonnetta d’aria, cui esso possa vincere; e in attraversarla scintillerà, agiterà i corpicciuoli, e ne offrirà tutti quei sensibili effetti, che, sebbene con direzione contraria, ne appresenta il vapore, il quale si scarica dalla catena: Imperciocchè movendosi le scintille elettriche con somma velocità, e rigettando per ogni verso egualmente il mezzo resistente, che attraversano, e conseguentemente facendo la medesima azione e nel corpo, onde partono, e in quello, in cui entrano, neppure la differente direzione di esso sarà sensibile o alla vista nostra, o al nostro tatto, e né meno potremo discernerla dalli vestigj, che lascierà nel mezzo, per cui attraversa.

28. Ma mi avvedo, che ormai di troppo mi estendo in questa sintetica sposizione della universale frankliniana Teoria. Voi, chiarissimo Sig. Beccari, ben ne mirate le conseguenze, e vedete assai chiaramente, che queste vengono a medesimarsi con li risultati delle sperienze, che io ho adoperati nel mio libro per provarla analiticamente; onde senza dir altro di esse, io passerò a mostrare (ciò, che da principio mi era proposto a fare in secondo luogo), a mostrare, dissi, con mie nuove osservazioni, ed a provare direttamente, questo essere l’officio del globo di ricevere dalla macchina, e dare alla catena di quel vapore, che da quella ricevè. Farsi però questo con ordinatissima proporzione; sicchè il globo e comparta alla catena, e ritenga per se parti di vapore rispettivamente proporzionali e alla capacità della catena, e alla capacità sua, o si parli delle capacità assolute, che il globo, e la catena hanno nel principiarsi l’elettrizzamento, o si parli delle capacità successivamente residue. Né similmente mi sarà poi cosa difficile il mostrare, che la macchina comparte al globo, e per mezzo di esso alla catena, quantità di vapori proporzionali alla totale, o residua loro capacità. Le quali cose io mi lusingo che voi, valorosissimo Signore, non istimerete affatto superflue; poiché tutte unitamente cospirano e a perfezionare la Teoria esposta con investigarne i più minuti progressi, e ad adornarla assai convenientemente.

29. Principierò con il seguente sperimento. Mentre con la mano destra stropiccio il globo di vetro, con la mano sinistra avvicino una frangia di fili metallici alla zona stropicciata, dove essa zona parte dalla mano per ruotarsi verso la catena; sicchè i fili metallici tocchino, e radano quella zona, che fugge dalla mano, e va alla catena; ed osservo, che, qualunque allora sia lo stato della macchina, e della catena, finisce in esse ogni segno di elettricità.

30. E questo sperimento, a mio credere, mostra assai chiaramente, come la zona stropicciata porta del vapore alla catena. La mano lascia del vapore sulla zona, che stropiccia: questo incontrandosi nella frangia metallica, che le avvicino, prima di giugnere alla catena, per quella frangia ritorna a me; e così liberamente, e continuamente circolando, non produce né difetto nella macchina, che ognora riceve quanto dà, né eccesso nella catena, cui non arriva mai a poter dare nulla.

31. Ma avvalorerò questa illazione con lo sperimento contrario. Se la frangia, con che io raderò la zona stropicciata, ove partiva dalla mano per ruotarsi verso la catena, io ora similmente la presento al vetro medesimo nella parte diametralmente opposta, cioè, dov’esso ritorna già dalla catena alla mano, allora si avrà elettricità o costante, o variabile nella catena, o nella macchina, o in amendue, secondo che richiederà lo stato del loro isolamento, o comunicazione col suolo. Solamente vi sarà questo divario, da quando non si tenga quella frangia così applicata, che l’elettricità, qualunque ella sia, sarà più debile; i quali effetti tutti servono molto mirabilmente al nostro intento. Tenendosi la frangia così applicata al vetro, che ritorna dalla catena alla mano, vi sarà elettricità, perché e la catena avrà già ricevuto il vapore, che in quella rotazione le porta il globo, del quale conseguentemente potrà essere priva la macchina. Potrà dunque la catena avere un eccesso; potrà la macchina avere un difetto. Saranno o l’una, o l’altra, o amendue, secondo che esigerà il loro stato, attualmente elettriche; ma però l’elettricità sarà più debole, che all’ordinario; perché la frangia, spogliando continuamente il globo del vapore, che su d’esso rimarrebbe in ciascuna rotazione, e riportando questo vapore residuo nella macchina, non lascia, che si produca in questa un assai grande difetto, né lascia, che si accumuli nella catena un assai grande eccesso. E questo stesso ne apre la strada a mostrare l’ordinata progressione, con che successivamente crescono e quell’eccesso, e questo difetto, e il vapore residuo del globo.

32. Prima però gioverà assicurarci anche meglio della verità di questo trasportamento. Al capo della catena adatto uno stilo metallico, sicché con la sua punta miri l’equatore del globo, e gli resti vicino. Su un vetro massiccio affiggo immobilmente un cuscinetto di pelle dorata, e questo, altronde noto apparecchio, lo fermo sotto al globo, sicché lo prema, e volgendosi il globo ne sia stropicciato. Bado, che il cuscinetto per mezzo di quel vetro resti esattamente isolato. Finalmente facendo giuocar la macchina, con una mano presento la punta d’uno stilo al cuscino, e con l’altra mano tengo pronta una frangia di fila metalliche, e osservo, che un bellissimo fiocco di vapore elettrico spiccia dallo stilo, che mira il cuscinetto, che una non men bella stelletta brilla sullo stilo, ch’è a capo della catena. Se rimovo lo stilo, che mira il cuscino, si spegne il fiocco su d’esso, e si spegne la stelletta sullo stile della catena; se lo ravvicino, insieme si riaccendono. Se poi avvicino la frangia alla zona del globo, che va dal cuscino alla catena, si accende alcuna stelletta sui fili di essa frangia più vicini al globo, e intanto langue, od anche manca affatto (quando la frangia arriva a toccare il globo) la stelletta, che luceva a capo della catena; ma il fiocco spiccia sempre vivissimo dallo stilo al cuscino.

33. Ora qui permettetemi, Signor Beccari, che io assuma ciò, che intorno al fiocco, ed alla stelletta ho già mostrato nell’Opera, e che ulteriormente proverò in alcun’altra Lettera: Il fiocco essere vapore, ch’esce da una punta; la stelletta essere vapore, ch’entra in una punta; e tosto si vedrà, che il vapor elettrico scorre in sembianza di fiocco dallo stilo al cuscino, per supplire il continuo difetto, che in esso produce il continuo stropicciamento, che dal vetro è portato alla catena, e in essa s’insinua sotto l’apparenza di stelletta a produrvi l’eccesso; e che alla catena non giunge detto vapore, se il vetro incontri per istrada alcun corpo, per esempio la frangia, che glielo involi.

34. Ma vediamo ormai più minutamente l’ordine di questo trasportamento. Si lasci a capo della catena lo stilo, come nello sperimento precedente: si applichi una punta simile, che miri direttamente l’equatore del globo, dove esso globo ritorna già dalla catena alla mano, e si faccia, che ne resti distante tre pollici in circa. Sperimentando al bujo (come si vuol anche fare negli sperimenti precedenti) si osserverà, che appena s’incomincia a stropicciare il globo, subitamente luce una vivissima stelletta sulla punta della catena, ma essa presto scema, e s’indebolisce; e se la catena sia bene isolata, e se il globo sia ben ritondo, quella stelletta della catena del tutto si spegne. Per l’opposto sulla punta presentata al globo da principio non comparirà nulla; ma quasi subito comparirà una stelletta primamente debile, che tosto si avviverà. In somma queste due stellette faranno le loro appariscenze inversamente l’una dall’altra. Quando una sarà più debile, l’altra sarà più viva. Di passaggio solo saranno eguali, quando per necessità si dovranno incontrare i gradi della vivacità di amendue, come dee avvenire crescendo l’una, mentre l’altra scema.

35. E intanto questo sperimento ne mostra l’ordinata progressione, con che il globo trasporta alla catena, e ritiene per se parti di vapore proporzionali e alla capacità della catena, e alla capacità sua, e ciò, siccome da principio, così successivamente. Da principio la catena non ha altro, che la sua quantità naturale, onde allora il vapore, che la mano lascia sul globo, passerà nella catena in massima quantità, a proporzione della massima capacità di essa; e così il vapor copioso, che da principio entra nella catena, accenderà su d’essa una vivissima stelletta. Successivamente poi a proporzione che la catena avrà ricevuto del vapore dal globo, e conseguentemente a proporzione che sarà scemata la capacità della catena, scemerà la quantità del vapore, ch’entra nella catena, s’illanguidirà, ed anche si spegnerà la stelletta della catena, e appunto con la stessa proporzione, con che scema la stelletta della catena, ch’è la stessa, con che cresce in essa la quantità del vapore compartitole dal globo, crescerà la quantità del vapore residuo nel globo, e conseguentemente con la stessa proporzione si accenderà, e vie più si avviverà la stelletta sulla punta, che mira il globo medesimo.

36. Ma questo sperimento, né per se solo prova interamente il mio intento, e può lasciare dell’incertezza per la velocità, con che accadono i cambiamenti delle stellette; imperocchè poche rivoluzioni del globo bastano a caricare assai le catene ordinarie, e conseguentemente a lasciare molto vapore sul globo; onde in molto breve tempo, e quasi indiscernibilmente e scema la vivacità della stelletta sulla punta della catena, e cresce tutta la vivacità sulla punta, che mira il globo. Dunque affine di rendere più lenta, e più osservabile la successione di queste cose, gioverà replicare lo stesso sperimento, applicando alla catena una boccia apparecchiata per l’esperienza di Leida; sicchè vi si possa caricare. In tal modo si accrescerà di molto la capacità della catena; perché a caricare un simile vetro, certamente vi vuole più vapore di quello, che basterebbe per caricare cento catene ordinarie. Finalmente accavalco un filo di refe alla catena, ed allora sperimentando talvolta al bujo, talvolta al chiaro, osservo comodissimamente, che i fili non cominciano a discostarsi, se non dopo diversi giri del globo, che seguono poi a discostarsi ognor più, ma sempre assai adagio, finchè il vetro sia pienamente caricato, e quelli allora si stanno quasi immobilmente tesi in una grande divergenza. Per l’opposto osservo, che la stelletta sulla catena continua vivissima per lungo tempo, e che assai lentamente va scemando; ma osservo insiememente, che la punta, la quale al solito mira il globo, ove esso ritorna dalla catena alla mano, tarda assai a comparire, e che assai lentamente va accrescendo la sua luce.

37. Ora ognuno sa, che la divergenza de’ fili cresce a proporzione, che il globo ha accumulato più di vapore sulla catena, e appunto in quella proporzione scema la stelletta sulla catena, cioè scema la quantità di vapore, che il globo comparte a quella, e cresce la stelletta della punta, che mira il globo, cioè cresce la quantità del vapore residuo sul globo.

38. Si può anche meglio scorgere questa successiva, ordinatissima distribuzione, replicando diverse volte la medesima esperienza; primamente applicando una sola boccia di Leida alla catena, poi due, e successivamente tre, quattro ecc. e si troverà, com’io ho osservato, che la lentezza de’ cambiamenti sì ne’ fili, che nelle stellette è proporzionale al numero delle bocce applicate alla catena, cioè alla capacità di essa; dal che si vedrà vie più chiaramente, come il vapore, che in ciascuna, e in tutte le successive sue rivoluzioni il globo comparte alla catena, sta al vapore, che esso ritiene in se, siccome la variabile capacità di quella sta alla costante capacità di questo.

39. Per quello poi, che appartiene alla macchina, è similmente facilissima cosa l’osservare la progressione, con che essa comparte del vapore alla catena per mezzo del globo. Siano isolate la macchina, e la catena, e si presenti uno stilo ad alcuna parte della macchina. Da principio ne spiccerà da esso un fiocco vivissimo, che anderà successivamente scemando, e in fine del tutto si spegnerà; e di bel nuovo la lentezza di questa progressione sarà proporzionale alla maggiore capacità della catena; vale a dire più tardi finirà la macchina di somministrare del vapore alla catena, e conseguentemente più tardi finirà di riceverne essa macchina, a proporzione che la catena avrà capacità maggiore.

40. E le medesime verità si possono confermare con altri innumerevoli sperimenti; ma m’incresce ormai di trattenermi di più in una cosa affatto manifesta, quale si è il trasportamento del vapore dalla macchina per il globo alla catena, e la successiva distribuzione, con che si fa questo trasportamento; ben con mio maggior piacere, e con mino molestia vostra, dottissimo Signor Beccari, io anche alcun poco vi tratterrei intorno alla fisica cagione, se mezzo mi si offerisse per investigarla, di questo trasportamento. Imperocchè io penso, che la realtà di esso sia evidente; ma che per ora non se ne intenda la cagione assai distintamente, e non si comprenda il principio, per cui la mano stropicciando il vetro debba lasciare su di esso del suo proprio vapore, piuttosto che altramente.

41. Infatti, questo stropicciamento importa una riazione del globo contro la mano eguale all’azione della mano contro il globo. Or come avviene egli, che in questa egualità di azione, e riazione sia eccitato inegualmente il vapore, onde debba passare dalla mano al globo?

42. Questo unicamente posso io rispondere al proposito di tale questione: essere corpi eterogenei il vetro, e la mano; il vapore contenersi in essi in diversa quantità, ed anche in diverso modo; questo differente stato del vapore poter esso importare un differente spiegamento della forza diffusiva di lui, anche in conseguenza di un’azione, e riazione eguale.

43. Per altro l’eccesso nella quantità non è esso, che produce l’eccesso nello spiegamento. Il vetro contiene più di vapore elettrico che la mano, come ho provato nel Capo IV. Del I. Libro; eppure non si spiega di più il vapore del vetro del vapor della mano; ma anzi succede l’opposto; e il vapore passa dalla mano nel vetro.

44. Neppure l’elettricità per origine del vetro, e l’elettricità per comunicazione della mano sono cagione, perché la mano dia al vetro. Li zolfi, e le resine, sibbene che i vetri, sono elettrici per origine. Siccome il vapor elettrico né attraversa, né scorre per li vetri, così né attraversa, né scorre per li zolfi, e per le resine; eppure il vapore, che, se si stropicci un vetro, passa dalla mano nel vetro; se si stropicci o del zolfo, o della resina, e dal zolfo, e dalla resina passa nella mano.

45. Ma questo effetto de’ zolfi, e delle resine, mentre esclude una ragione falsa, ne apre alcuna strada ad investigarne la vera. Imperciocchè, se per lo stropicciamento la mano dà del vapore al vetro, ed il zolfo ne dà alla mano, la ragione del dare dee dipendere da alcuna proprietà, che convenga ed al zolfo, ed alla mano; ma che, siccome prevale nella mano rispetto al vetro, così prevaglia nel zolfo, e nelle resine rispetto alla mano.

46. Osservo, che dallo stropicciamento del zolfo, e delle resine mi si scalda e più presto e più fortemente la mano, che dallo stropicciamento di un vetro; e di bel nuovo osservo, che lo stropicciamento dell’una mano contro l’altra mi eccita maggior calore, che lo stropicciamento d’una mano contro d’un vetro. Ho indi sospettato, che quel principio, che risiede nel zolfo, e nelle resine, e nella mano, per cui il zolfo, e le resine stropicciate eccitano maggior calore, che la mano, e la mano ne eccita anch’essa di più, che il vetro, fosse la cagione, che eccita con maggior forza il vapor del zolfo, e delle resine, che non il vapor della mano, e con maggior forza il vapor della mano, che non il vapore del vetro.

47. Ma trovo, che questo ragionamento ha le sue eccezioni, siccome le ha il fatto, sul quale si fonda. I panni stropicciati si scaldano e presto, e molto; eppure la mano, che stropicciata contro di un’altra mano si scalda meno, non riceve da’ panni; ma dà loro del vapore suo.

48. Forse soddisfarrebbe più al nostro proposito la facile infiammabilità delle parti; essa eccede nel zolfo, e nelle resine per rispetto alla mano, ed eccede nella mano, almeno in alcune parti di essa, per rispetto alli panni, e nelli panni rispetto al vetro.

49. Ma mi sovviene essere gran parte di scienza il conoscerne i limiti: io bramo di non oltrepassarli, e di meritarmi almeno in questa parte l’onore di essere vostro umilissimo ecc.