2. Sopra alcuni fenomeni di elettricismo statico e dinamico, recentemente osservati da Faraday, nei conduttori dei telegrafi sotterranei e sottomarini[1]

 

 

I lavori che si eseguiscono presentemente in Inghilterra, dai signori Clark e compagni, per uso de’ telegrafi sottomarini, hanno condotto a diverse curiose ed importanti sperienze, che l’illustre amico mio Faraday ebbe la gentilezza di comunicarmi con due sue lettere[2], in data dei 30 gennaio e 9 febbraio p. p. Queste sperienze spargono una viva luce sulla cagione delle differenze trovate da diversi osservatori nella velocità colla quale il fluido elettrico percorre i conduttori metallici ed offrono le migliori prove che si possano mai desiderare intorno alla identità delle forze che producono i fenomeni della elettricità statica e dinamica. L’autore vi scorge inoltre molti argomenti favorevoli alla sua teorica della conducibilità, che consisterebbe in una rapida successione d’induzioni elettriche trasmesse dall’una all’altra molecola de’ corpi; e qui 1’affezione tanto naturale per le produzioni del proprio ingegno lo trascina forse tropp’oltre; potendosi, a mio credere, spiegare ugualmente i fatti da lui ottenuti colla teorica ordinaria, la quale considera la trasmissione del principio elettrico, come un trasporto effettivo di esso principio dall’una all’altra estremità del conduttore.

Ad ogni modo gli sperimenti del Faraday sono interessantissimi, ed ho quindi creduto opportuno di formarne l’oggetto di questa mia comunicazione accademica.

Dirò primieramente il metodo di verifica adottato dal signor Statham impiegato della compagnia de’ telegrafi elettrici, per assicurarsi che il filo di rame è perfettamente isolato dallo strato di gutta percha aderente alla sua superficie.

Questo filo si ravvolge sotto forma gomitolare, e si tuffa nell’acqua d’un canale lasciandone emersi i due capi, che vengono poi introdotti in una grande stanza a pian terreno, dove trovasi una pila o elettromotore di 60 coppie (3x4 pollici). Un polo di essa pila comunica col terreno umido, l’altro trasmette la sua tensione elettrica ad uno de’ capi del filo, passando per un galvanometro molto sensibile. Siccome la gutta percha non è conduttrice della elettricità s’intende che in tale disposizione di cose il circuito elettrico può solamente stabilirsi nel caso vi fosse qualche soluzione di continuità che producesse il contatto del filo coll’acqua circostante: ma l’applicazione dell’involucro isolante è fatta con tale e tanta diligenza che la corrente elettrica trovasi quasi del tutto impedita ed il galvanometro resta appena sviato di 5° dalla sua posizione iniziale quando s’impiegano 200 gomitoli di mezzo miglio l’uno riuniti per modo da formare un sol filo lungo 100 miglia. Al galvanometro sensibile se ne sostituisce poi uno assai pigro: si congiunge il secondo capo del filo al polo della pila che comunicava prima col suolo; e la vivacità con cui l’indice galvanometrico è cacciato dalla sua posizione mostra l’attitudine del filo metallico a trasmettere la corrente elettrica. La grossezza del filo di rame è un po’ minore e quella dello strato di gutta percha un po’ maggiore d’una linea.

S’immagini ora uno di questi fili lungo 100 miglia giacente sul pavimento della stanza ove penetrano i due capi d’un altro filo della medesima lunghezza immerso nell’acqua. Ristabilita la pila nello stato d’isolamento, si fa comunicare uno de’ suoi poli con una delle estremità del filo esterno circondato d’acqua che, per amor di brevità, diremo fune elettrica bagnata o acquea onde distinguerlo facilmente dal suo compagno riparato entro la stanza, che sarà per noi la fune elettrica asciutta o aerea.

Dopo alcuni istanti sì rimuove il contatto della pila ed un osservatore posto in comunicazione colla terra toccando l’estremità libera della fune immersa sente una fortissima commozione. Questa commozione si riproduce parecchie volte di seguito quando s’interrompe e si ripiglia il contatto, ma con una forza decrescente; sicché il fenomeno cessa compiutamente dopo un certo intervallo di tempo. Però il numero delle scosse è tanto maggiore quant’è minore la durata del contatto: Faraday ne ottenne sino a 40 rendendo siffatta durata tanto breve quanto gli fu possibile. La scossa è meno intensa quando il contatto non segue immediatamente l’interrompimento della comunicazione tra il conduttore immerso e la pila; ma trovasi tuttavia sensibile dopo parecchi minuti decrescendo sempre e riducendosi finalmente a zero come nel caso precedente.

Se invece di toccare colla mano la fune acquea elettrizzata vi si accosta una miccia metallica o tubetto di solfuro di rame alla Statham se ne ottiene immediatamente l’arroventamento il quale produce la combustione della polvere da sparo: fenomeno che può ripetersi cinque o sei volte consecutive qualora non si lasci trascorrere un intervallo maggiore di 4, o 5” (*).

L’esperienza può finalmente variarsi in altro modo congiungendo un galvanometro alla fune acquea, poiché quando comincia la carica pel contatto d’uno de’ poli della pila isolata, l’indice galvanometrico muovesi vivamente per un dato verso, retrocede e fermasi stabilmente dopo 5, o 6” presso la sua posizione iniziale, e gira poi di nuovo in direzione contraria allorché, rimosso il contatto della pila, si fa tosto comunicare col suolo l’estremità libera del galvanometro.

Nessuno di questi fenomeni può riprodursi sostituendo la fune aerea alla fune acquea. Ciò non deriva punto da un diverso grado d’isolamento del metallo interno della prima fune per rispetto a quello della seconda: Faraday lo dimostra colla massima evidenza mediante due galvanometri simili rispettivamente congiunti alle due funi. Imperocchè fatto un sol capo delle estremità libere de’ due strumenti e postolo in comunicazione coll’uno de’ poli della pila isolata e collegate del pari le due estremità libere della fune acquea e della fune aerea, i due galvanometri manifestano lo stesso preciso angolo di spostamento quando si pone in contatto il polo libero della pila colle due estremità parimente libere delle funi riunite in un solo conduttore; e tale uguaglianza si mantiene inalterata dopo di aver sostituito l’uno all’altro strumento, per modo che il galvanometro della fune aerea occupi il posto di quello congiunto colla fune acquea, e viceversa.

La cagione per cui questi due conduttori si comportano tanto diversamente è facile a comprendersi: poiché nel caso della fune immersa, lo strato d’acqua che trovasi a contatto della gutta percha si elettrizza per induzione in senso opposto alla superficie del filo metallico; sicché ne nasce una disposizione totalmente analoga a quella de’ vetri armati; i cui effetti, malgrado la debole tensione della elettricità voltaica rispetto alla elettricità ordinaria sono assai poderosi in conseguenza delle sterminate dimensioni dell’apparecchio. Calcolando infatti tali dimensioni, trovasi che il filo di rame adoperato nelle sperienze di Faraday aveva una superficie di 8300 piedi quadrati, e che lo strato d’acqua in contatto colla superficie esterna dell’involucro di gutta percha applicata sul filo non era meno di 33000 piedi quadrati; quantità che superano probabilmente la somma di tutte le batterie elettriche dell’intera Europa!

Ora, la fune aerea manca dello strato di materia deferente apposto alla superficie esterna della gutta percha; ed essendo, pertanto, comparabile ad una boccia di Leyden spogliata del suo conduttore esterno, non può evidentemente caricarsi.

La scossa tratta dalla fune acquea è al dire del Faraday affatto simile a quella dell’elettromotore voltaico, ed abbiam veduto inoltre essa fune operare sull’ago magnetico ed accendere la polvere da sparo: proprietà che sono speciali alle correnti elettriche e mancano ordinariamente nella scarica della boccia di Leyden. Tutto ciò deriva manifestamente dalla distribuzione della elettricità sulle due lunghissime superfici armate dello strato di gutta percha. Ma questi fatti sono oltremodo istruttivi perchè ci permettono, per così dire, di assistere alla conversione della elettricità voltaica in elettricità ordinaria, e viceversa; e ci presentano quindi, come dicevamo pocanzi, le prove più convincenti che possano mai desiderarsi intorno alla identità delle cagioni donde provengono i fenomeni dell’elettricismo nello stato di quiete e di movimento.

Tra i vari conduttori che corrono tra Londra e Manchester se ne trovano parecchi composti di filo di rame spalmato di gutta percha e sotterrati entro tubi di piombo o di ferro fuso. Il nostro autore ebbe a sua disposizione 1500 miglia di così fatti fili, dove gli effetti della corrente trasmessa dall’una all’altra estremità dell’intera linea potevano facilmente esplorarsi di 375 in 375 miglia per mezzo degli andirivieni o duplicazioni che ritornavan tutte a Londra nell’uffizio centrale de’ telegrafi elettrici. Ora questa specie di conduttori sotterranei non si comportò negativamente, come la fune aerea, ma produsse i medesimi fenomeni della fune acquea. È vero che da un lato s’ebbero azioni più deboli a cagione del minor isolamento del filo metallico; ma la circostanza della maggior lunghezza diede luogo ad altri fatti importantissimi relativi alla trasmissione delle forze elettriche.

Faraday prese tre galvanometri a, b, c, e li frappose lungo una linea di 750 miglia, in guisa da essere traversati dalla elettricità circolante nel filo e per modo che a stava sul principio, b nel mezzo, e c all’estremità. Fatto quindi comunicare lo strumento estremo col suolo, egli stabili il circuito elettrico e vide l’indice del galvanometro a porsi primo in movimento, poi l’indice del galvanometro b e finalmente l’indice del galvanometro c. Adoperando la intera linea di 1500 miglia egli contò 2” d’intervallo tra il moto del primo a quello dell’ultimo strumento.

I galvanometri erano ad ago semplice e di poca sensibilità, e la corrente li rendeva presto immobili nelle loro indicazioni, le quali a cagione della dispersione dell’elettrico lungo il filo, trovavansi tanto minori quanto maggiore si era la lontananza dello strumento dalla pila. Dopo di aver aspettato alcuni istanti onde ottenere la predetta immobilità sotto l’efflusso elettrico, s’interruppe il contatto della pila. Allora a videsi tornare immediatamente a zero: lo stesso moto di ritorno si effettuò poscia per b e quindi per c: in guisa che la corrente circolava ancora in c quando ogni segno elettro-dinamico era già compiutamente sparito in a. Altrimenti, toccato il filo colla pila e rimosso immediatamente il contatto, l’indice del galvanometro a si scostò dallo zero e vi tornò prima che incominciasse il moto di b; e c non si pose in movimento se non dopo compiuta l’oscillazione di b.

Qui vedevasi pertanto a colpo d’occhio la propagazione successiva dell’elettrico lungo il conduttore: e questa dimostrazione poteva, in certa qual guisa, duplicarsi e triplicarsi mediante un pronto e successivo alternare del contatto e della interruzione di continuità tra la pila e l’estremità libera del filo: imperocché diverse onde d’azione elettro-magnetica si mostravano allora coesistenti nel conduttore.

Riprodotto il contatto della pila ed ottenute le indicazioni stabili degli strumenti, s’interruppe di nuovo la comunicazione dell’elettromotore e s’introdusse nel suolo l’estremità del filo: a non solo ritornò a zero, ma se ne scostò in verso contrario quando c stava tuttavia sviato nella direzione primitiva; per modo che le indicazioni galvanometriche mostravano che l’elettricità sgorgava simultaneamente dall’una e dall’altra estremità del filo.

Finalmente, dopo un rapido contatto colla pila, si conficcò subito nel suolo l’estremità libera del conduttore, e le due opposte direzioni assunte successivamente dal galvanometro a, mentre i galvanometri b e c conservavano il loro stato di perfetta quiete, dimostrarono che la corrente entrava e quindi usciva per a limitando la sua escursione al principio del filo.

Quest’ultima esperienza fa travedere la via che dovrebbe seguirsi per isciogliere il problema, propostomi scherzosarnente dal Faraday nella prima sua lettera, di confidar, cioè, al telegrafo elettrico un messaggio e poi richiamano prima che giunga al suo destino (**).

Ma una conseguenza facile a dedursi dai fatti precedenti si era che la propagazione del fluido elettrico nello stesso conduttore metallico cambia in forza dell’induzione prodotta lungo la sua superficie. Faraday si pose pertanto d’accordo colla Compagnia de’ telegrafi elettrici, ed il direttore di essa congegnò una graziosa combinazione telegrafica, che riassume, per così dire, in se stessa le varie proposizioni relative alla carica e velocità di trasmissione della elettricità ne’ fili aerei e sotterranei.

A tal fine egli adattò tre penne al telegrafo di Bain il quale trasmette e scrive nello stesso tempo i messaggi alla parte estrema de’ fili che servono di conduttori elettrici. Queste penne, o stili, consistono in cilindretti di ferro sotto cui passa con moto uniforme un foglio di carta imbevuta di ferro-prussiato di potassa. Il contatto della penna colla carta succede ogni qual volta l’elettrico arriva all’estremità del filo; ed allora si produce, per virtù delle reazioni chimiche, una linea turchina che rappresenta fedelmente le condizioni relative al passaggio ed alla interruzione della corrente.

Nel caso da noi considerato le tre penne erano disposte l’una accanto all’altra ad una mutua distanza di circa 1/10 di pollice. La penna m apparteneva ad un filo brevissimo animato da un elettromotore speciale e serviva a render noto l’istante in cui si cominciava ad operare, abbassando la chiave di contatto. La penna n trovavasi alla fine d’un lungo filo aereo; la penna o alla fine d’un lungo filo sotterraneo: e con un secondo elettromotore più energico del primo si poteva stabilire il circuito elettrico ora nell’uno ora nell’altro di questi due ultimi fili, ma sempre simultaneamente con quello che passava pel filo dalla penna m indicante il principio dell’esperienza. Quando m ed n erano in azione la traccia lasciata sulla carta dallo stile m consisteva in una linea uniforme la cui lunghezza indicava la durata del passaggio elettrico, e la traccia dello stile n era dessa pure una linea uniforme parallela alla prima e di una lunghezza uguale, spostata d’una quantità appena percettibile secondo il moto della carta; mostrando così che il lungo filo aereo trasmetteva la corrente elettrica quasi istantaneamente dall’una all’altra estremità. Ma quando l’azione contemporanea stabilivasi tra m ed o, la seconda linea cominciava e finiva dopo la prima con intervalli visibilissimi. Dessa era inoltre debole sul principio, aumentava man mano in larghezza ed intensità, mantenevasi costante per un certo spazio e diminuiva poi di bel nuovo dileguandosi gradualmente verso la fine.

Ora, la comparsa tardiva della seconda linea indicava che l’azione esigeva un certo tempo per trasmettersi dall’una all’altra estremità del conduttore: la sua debolezza primitiva significava che la forza elettrica era in gran parte impiegata nell’induzione laterale: il suo successivo ingrossamento segnava la porzione crescente di elettricità che circolava nel filo, di mano in mano che l’induzione diminuiva: l’uguaglianza della sua parte centrale mostrava la costanza della corrente elettrica quando l’induzione era compiuta; ed il decrescimento posteriore che seguiva l’interruzione del circuito elettrico indicava lo scolo del fluido trattenuto lungo le pareti durante il passaggio della corrente.

E qui importa notare che ho cambiato appositamente le frasi impiegate dall’autore nell’assegnare le cause delle apparenze osservate, onde provare col fatto la verità di quanto dissi pocanzi sulla possibilità di spiegare i bei fenomeni descritti dal Faraday coll’ipotesi ordinaria della elettricità trasportata dall’una all’altra estremità del filo metallico.

Del resto, qualunque sia la teorica adottata intorno alla conducibilità elettrica, queste ultime sperienze dimostrano che l’elettricità si propaga più lentamente ne’ fili spalmati di gutta percha e profondati nel suolo che ne’ fili nudi isolati nell’aria, e che siffatta differenza deriva dai fenomeni d’induzione laterale ossia della maggior capacità elettrica de’ primi rispetto ai secondi. E così rimane spiegato il perchè la velocità del fluido elettrico ne’ conduttori sotterranei fu trovata da 50 a 100 volte inferiore a quella de’ conduttori aerei, che secondo Wheatstone sarebbe di 288600 miglia per 1”, di 112680 giuste le sperienze di Fizeau e Gonnelle e meno ancora secondo altri osservatori[3].

Donde apparisce che, anche nei telegrafi aerei, gli esperimenti relativi alla velocità di propagazione della elettricità non sono concordi — Ciò pare a prima giunta in opposizione colle considerazioni precedenti. — Ma pochi istanti di riflessione bastano per convincersi che questa contraddizione è più apparente che reale.

Difatto tutti conoscono l’esperienza del decrescimento di divergenza che succede in un pendolino sospeso alla superficie posteriore d’un disco metallico elettrizzato e verticalmente disposto alla sommità d’un sostegno di vetro quando s’accosta alla superficie anteriore di esso disco e parallelemente alla sua direzione, una lamina metallica comunicante col suolo; e tutti sanno del pari che questo decrescimento di divergenza, il quale denota l’aumentata capacità del metallo isolato, deriva dalle induzioni elettriche che si producono a traverso l’aria frapposta tra il corpo elettrizzato e l’altro comunicante col suolo; precisamente come reagiscono a traverso il vetro le opposte elettricità delle due armature d’una boccia di Leyden. — Laonde l’aria opera in così fatta esperienza come il vetro o qualunque altra sostanza coibente.

Ora ognuno intende che lo strato aereo interposto tra il filo telegrafico ed il suolo od altri corpi vicini terrà luogo della gutta percha ne’ conduttori sotterranei e che, pertanto, la maggiore o minor altezza de’ pali, il numero e la lunghezza dei tunnels attraversati, la natura e l’umidità del terreno, la qualità e quantità delle fabbriche circostanti, dovranno necessariamente influire sulla capacità del filo e per conseguenza sulla velocità del fluido elettrico; e però la cagione de’ diversi valori assegnati a questa velocità, tanto ne’ telegrafi sotterranei quanto ne’ telegrafi aerei, risulta chiara e manifesta dalle magnifiche osservazioni del Faraday.

E si noti che così fatte osservazioni non son figlie del caso, ma sì bene di quell’altissimo ingegno donde scaturirono tante idee preziose pel progresso delle scienze fisiche e chimiche — Pochi anni dopo i primi tentativi fatti per determinare il tempo impiegato dalla scarica d’una boccia di Leyden a percorrere un conduttore metallico, Faraday previde la possibilità di alterarlo in virtù de’ fenomeni d’induzione che accompagnano il passaggio della elettricità a traverso certe sostanze coibenti. I lavori intrapresi dalla compagnia inglese de’ telegrafi elettrici non furon dunque che una fortunata combinazione di porre al cimento la verità di queste sue previsioni.

 

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(*) - Le predette micce metalliche si ottengono mediante l’azion lenta della gutta percha solforata sui fili di rame, che vengono poi rimossi in parte come pure lo strato superiore di gutta percha; lasciando così in libertà il rame solforato sotto forma d’un sottil tubo aderente al filo metallico. La facilità colla quale questi corpicciuoli s’arroventano sotto l’azione della corrente elettrica li rende assai più atti de’ fili di platino per lo scoppio delle mine sottomarine, poiché Faraday li ha visti produrre gli effetti suindicati all’estremità più lontana de’ 100 miglia della fune acquea.

 

(**) - And for the sake of puzzling you, will give you the following problem. How to send a message out by the electric telegraph wire and, before the pulsations reach the distant station, to recall them back to that from where they started.

 

 

 

 

 



[1] Comunicazione pubblicata nel Rendiconto della Società Reale Borbonica, 1854, pp. 30-38; negli Annali di scienze matematiche e fisiche, 1854, pp. 133-142; e nella Corrispondenza scientifica, n. 17-18, 6 maggio 1854. Stranamente di questo lavoro non risulta nessuna pubblicazione o traduzione in francese.

 

[2] Queste lettere, come altre della preziosa e fitta corrispondenza Faraday-Melloni, risultano disperse, forse bruciate, per motivi igienici, alla morte, per colera, del Melloni. Per quelle superstiti vedi il carteggio di Melloni a cura di E. Schettino, Firenze 1994 e quello di Faraday a cura di L. P. Williams, Cambridge 1971.

 

[3] Vedi E. Gounelle, Résumé des travaux faits pour déterminer la vitesse de propagation de l’électricité, Annales télégraphiques, 1858, pp. 239-273 (N. d. C.)