3.3 - Morse americano[1]

 

 

Cari psicologi, cari stenografi e cari radioamatori,

cerco collaborazione per un “Atomo” che ho in cantiere sul Morse americano. Il mio lavoro si baserà essenzialmente sui celeberrimi e pionieristici lavori di Bryan e Harter sulla telegrafia apparsi a fine dell’800 nella Psychological Review[2].

Per avere un’idea, per forza di cose sommaria, dei temi affrontati potere vedere la lettera da me inviata giusto tre anni fa a Giorgio Spellucci, l’introduzione di un lavoro di Salthouse (The skill of typing)[3] e una pubblicità (circa 1900) di macchina da scrivere per telegrafisti americani, tutti in calce a questa email.

La bibliografia su questi argomenti è immensa - basta uno sguardo a internet! - ma in Italia ho trovato ben poco (Niceforo[4], Gaudino[5] e pochi altri) e per questo qualche vostra segnalazione potrebbe essere preziosa.

In particolare avrei bisogno di capire meglio, nei dettagli, il tipo di lavoro del "dispatcher" nelle ferrovie americane (una figura professionale che non ha equivalente in Italia e/o in Europa?) e il significato della ricorrente espressione "reporting a train to a dispatcher"[6].

Grazie della collaborazione. Cordiali saluti.

Andrea Gaeta

www.bitnick.it  

 

 

Roma 14.2.2000

 

Caro Spellucci,

nel Bollettino dell’Accademia Italiana di Stenografia si parlava molto dei rapporti tra stenografia e Forze Armate. In particolare a p. 9 del 1937 si accenna a un corso pratico di intercettazione per genieri telegrafisti e radiotelegrafisti organizzato dal Ministero della Guerra e che doveva essere frequentato da tutti i militari diplomati in stenografia o da chi comprovava attitudine ad apprenderla con facilità.

Ma il rapporto tra telegrafia e stenografia, insospettabile – almeno per me fino a un paio di anni fa[7] – e fecondo di sviluppi, emerge con più evidenza in America dove, grosso modo dal 1850 al 1950, fiorirono scuole di telegrafia con svariati metodi di insegnamento: Candler, Bunnell, Farnsworth, ecc., paragonabili ai nostri Mosciaro, Meschini, Cima, ecc.

In America non si usava affatto la zona, la ricezione era a udito e l’addestramento in genere era di tipo quasi musicale e con “metodo globale”. Gli allievi, ma anche l’impiegato (postale, ferroviario, giornalista, ecc.), ascoltavano i segnali Morse dalla cuffia o da una specie di altoparlante (sounder)[8] e li trascrivevano con una “particolare leggibilissima” calligrafia o li battevano sulla typewriter (nel loro gergo “the mill”) a velocità elevatissime.

Ma c’è di più. Questi segnali – ho letto in moltissimi libri stranieri – erano quasi dettati dall’apparecchio e, inoltre, l’ottima e tipica calligrafia dei ricevitori telegrafisti scompariva quando questi non erano in servizio! Concorderai che qui ci sono importantissimi e inesplorati problemi fisiopsicologici che si riconnettono agli studi di Lahy-Bieneman[9], al riconoscimento vocale e, soprattutto, a mio avviso, ai lavori linguistico-prosodici di Lucidi, di cui da tempo mi occupo.

Tutto ciò premesso, caro Spellucci, avrei piacere di fare una chiacchierata con te, magari davanti ad una pizza, per cercare di capire alcune questioni che per gli addetti ai lavori sono certamente banali, mentre per me sono oscure:

 

Perché è difficile fare il dettatore ufficiale nelle gare?

Differenze tra stenografi e stenotipisti (staccano gli occhi, guardano le labbra)?

Tensione nervosa e mentale (copiatura, trascrizione, ecc.)?

Stile telegrafico = stile stenografico?

Selezione e test attitudinali per telegrafisti, stenografi, ecc.

 

Grazie e a presto.   Andrea Gaeta

 

 

Sin dall’inizio della dattilografia la destrezza della battitura ha interessato gli psicologi sperimentali e li interessa tutt’oggi perché la velocità alla quale un dattilografo, anche medio, lavora supera di molto la velocità che tutti i test di laboratorio potrebbero far supporre allo psicologo. Pensiamo ad un tipico lavoro di segreteria, la ribattitura di un documento. Essenzialmente ciò è la trascrizione di una sequenza di simboli (lettere, numeri, ecc.) che attraverso lo sguardo del dattilografo divengono una sequenza di atti motori: la pressione dei tasti della macchina da scrivere. Pertanto è strettamente simile a una serie di compiti di tempo di reazione con scelta, in cui un soggetto sottoposto a un singolo stimolo visuale da un set di 2 o più stimoli deve premere con rapidità un particolare bottone per ognuno dei possibili stimoli. Sotto condizioni ottimali (soggetti molto addestrati e un numero minimo di alternative stimolo-risposta) la latenza media, ossia il ritardo tra la presentazione dello stimolo e la pressione del bottone è 250 msec circa. Il paradosso della dattilografia è che una latenza di 250 msec porta ad una velocità di 48 parole al minuto (assumendo 5 colpi – stroke – di tasto per parola). Eppure velocità doppie di questa sono abbastanza comuni.

Com’è possibile? Cosa hanno imparato i dattilografi addestrati per superare delle apparenti limitazioni fondamentali? Ognuno ha un tempo di reazione minimo che dovrebbe segnare il limite della massima velocità di battitura, eppure i dattilografi esperti hanno sviluppato un mezzo per superare le loro restrizioni percettive e motorie. La loro impresa può avere importanza ben oltre la destrezza della dattilografia. Dopo tutto la comprensione dettagliata di ogni abilità, riguardo alle differenze tra gente abile e meno abile, potrebbe avere implicazioni nella selezione di studenti e per il loro addestramento. Conoscere l’abilità della battitura può servire anche per le terapie riabilitative.

 

 

 

 



[1] Lettera aperta diffusa per email il 14.2.2003

[2] W. Lowe Bryan e N. Harter, Studies in the physiology and psychology of the telegraphic language, Psychological Review, 1897; W. Lowe Bryan e N. Harter, Studies on the telegraphic language. The acquisition of a hierarchy of habits, Psychological Review, 1899.

[3] Scientific American, 1984, n. 2 (v. anche Le Scienze, 1984, n. 9).

[4] A. Niceforo, La mano, il gesto… e altri segni rivelatori della personalità nell’arte e nella scienza, Roma 1956 (due tomi).

[5] G. C. Gaudino, Sul diverso rendimento degli stenografi, Tesi di psicologia applicata. Pontificio Ateneo Antoniano, 1942 (parz. pubbl.,  Istituto Universitario di Magistero S. Chiara, Napoli 1957).

[6] Secondo due ferrotelegrafisti in pensione, Giuseppe Arena e Domenico Brasacchio, si potrebbe trattare della consegna di ordini o disposizioni di servizio per il capotreno o il macchinista (a volte senza far fermare il treno).

[7] In realtà, come ricostruito in questo Atomo, i primi sentori risalivano al 1993/94.

[8] Nel Morse americano, specialmente, l’ambiente fonetico non maschera del tutto l’ambiente prosodico (fisiofisico, articolatorio, gestuale, infrasonico).

[9] J. M. Lahy, La profession de dactylographe. Ètudes des gestes de la frappe. Genève, 1924; D. Bieneman, Ricerche sull’attitudine dattilografica ai fini dell’orientamento professionale, Stenografia, 1967-68.